Anche in questo piccolo e prezioso 3.30PM Ludwig Wüst mantiene le principali tematiche e le costanti del suo cinema, accentuando, se vogliamo, alcune tendenze già tracciate in passato. Ed ecco che quel realismo e quel minimalismo che tanto sono stati centrali nei suoi precedenti lavori, diventano, qui, a dir poco essenziali.
Cinema Austriaco ha incontrato il regista Ludwig Wüst e si è fatto raccontare qualcosa a proposito del suo lavoro e della sua carriera.
Primo capitolo della Heimatfilm-Trilogie (comprendente anche Abschied, del 2014, e Heimatfilm, del 2016), My Father’s House, dedicato ai genitori del regista, appena scomparsi, mette in scena – analogamente alle altre opere dell’autore – un importante cambiamento interiore e può classificarsi di diritto, come il suo lavoro più intimo e personale.
Secondo le stesse parole dell’autore, si tratta di una sorta di Odissea senza ritorno, Egyptian Eclipse. Un viaggio soprattutto interiore che porta lentamente all’abbandono di ogni cosa riguardante il proprio passato – e, con esso, anche l’attaccamento a ogni qualsivoglia bene materiale – e che culmina nel bel mezzo di un simbolico deserto.
In Departure ogni singolo elemento è carico di un forte simbolismo e, allo stesso tempo, riesce ad arrivare allo spettatore in modo diretto, parlando un linguaggio universale, classificandosi come una vera e propria apologia dei veri valori e della libertà.