Atmosfere cupe, paesaggi sterili, rapporti interpersonali pregni di brucianti segreti fanno da protagonisti assoluti in Dunkle Wasser. I fratelli Riahi, dal canto loro, hanno ben saputo gestire una sceneggiatura impeccabile e ricca di sfaccettature, che vede il proprio fiore all’occhiello proprio nelle figure dei due detective. Alla Diagonale’23.
Penissimo è un documentario allegro e leggero, ma anche particolarmente pregno di significato. Interviste, fotografie di opere d’arte, ma anche spezzoni dai primi film erotici realizzati già all’epoca del muto compongono un vivace e colorato affresco di “una delle due metà di cui è composto il mondo”.
I pesci rossi hanno una vista molto potente e sono in grado di vedere anche ciò che agli uomini spesso sfugge. Chi sarà il misterioso assassino? Das letzte Problem prende sapientemente spunto da quanto realizzato in passato dando vita, al contempo, a un piacevole giallo adrenalinico e dal gradito tocco rétro.
In The Bosom Friend Ulrich Seidl ci ha ancora una volta regalato un personaggio di cui non ci dimenticheremo facilmente. Un personaggio che sembra quasi appartenere a un mondo a sé e che – proprio secondo alcune affermazioni del regista stesso – dopo aver rinunciato a ogni forma di guadagno o di relazioni sociali, potrebbe anche aver trovato a suo modo la libertà.
Der Schutzengel si distingue immediatamente per evocative atmosfere noir, luoghi quasi isolati dal resto del mondo e un’intelligente e mai scontata riflessione sulla natura dell’essere umano. L’approccio inconfondibile di Götz Spielmann ha fatto il resto. Alla Diagonale’22.
In The White Goblin vediamo una Vienna inaspettata. Una Vienna che prende vita quando tutti dormono. Una Vienna patinata e sfavillante, ma anche regno della malavita, in cui il denaro sembra svolgere il ruolo di protagonista assoluto anche – e soprattutto – quando l’amore per l’arte e per la bellezza dovrebbe avere la meglio. Alla Diagonale’22.
Non vediamo, in Louis van Beethoven un compositore all’opera. Non assistiamo al processo creativo che ha portato alla nascita di alcune delle suo più celebri composizioni. Non il risultato finale, ma ciò che, fondamentalmente, ha portato a esso. Un’idea indubbiamente vincente, che, tuttavia, ha reso il lungometraggio di Niki Stein un lavoro eccessivamente dispersivo, in cui il regista stesso ci appare troppo freddo nei confronti del suo protagonista e delle sue opere.
Man kann nicht alles haben è una divertente, ma spesso troppo prevedibile commedia degli equivoci. Michael Kreihsl, dal canto suo, proprio come previsto dalla serie della ORF, ha reso la bellissima città di Graz un’ulteriore protagonista, spettatrice di tanti intrighi, ma anche di tenere storie d’amore.
Diviso in tre episodi, Antares si presenta come un complesso e stratificato affresco della società contemporanea. Tre storie, tre differenti stili di vita, un’unica ambientazione. Antares non ci racconta soltanto amori impossibili, amori disperati, amori tormentati e amori clandestini. Antares mette in scena l’Amore come utopia, un costante, disperato bisogno di amore che, spesso, genera anche un profondo senso di solitudine.
In Looking for Oum Kulthum Shirin Neshat si perde nelle sue riflessioni, mette i tormenti interiori della protagonista al centro dell’attenzione e fa sì che proprio il personaggio di Oum Kulthum passi inevitabilmente in secondo piano. Alla 74° Mostra del Cinema di Venezia – sezione Giornate degli Autori.