Feminism WTF è non è semplicemente un documentario sul femminismo o sulla condizione delle donne all’interno della società. Feminism WTF è un film estremamente intelligente e necessario, rivolto proprio a tutti, in vista di un futuro migliore. Alla Diagonale’23.
Penissimo è un documentario allegro e leggero, ma anche particolarmente pregno di significato. Interviste, fotografie di opere d’arte, ma anche spezzoni dai primi film erotici realizzati già all’epoca del muto compongono un vivace e colorato affresco di “una delle due metà di cui è composto il mondo”.
Tales of Franz si distingue immediatamente per una struttura narrativa estremamente semplice e lineare, priva quasi del tutto di sottotrame. E se, da un lato, la storia di Franz e dei suoi amici appassiona e diverte, dall’altro si sente il bisogno di qualche colpo di scena in più, così come di necessari approfondimenti per quanto riguarda alcuni personaggi secondari.
Con Matter out of Place, come sovente accade con le opere di Nikolaus Geyrhalter, ci troviamo di fronte a qualcosa di imponente, di magneticamente meraviglioso. Di fronte a qualcosa che, tuttavia, con le sue immagini studiate fin nel minimo dettaglio ci fa conoscere da vicino un problema più che mai urgente. Alla Viennale 2022.
Alpenland è una fotografia che rischia di diventare sempre più sbiadita. Un coro di testimonianze che, tutte insieme, rimpiangono un passato recente e temono fortemente un futuro prossimo.
Il Rapinatore si concentra principalmente sul complesso mondo interiore del suo protagonista, sul suo costante bisogno di scappare, sulla sua difficoltà a integrarsi nella società e a condurre una vita normale.
L’estremo realismo di Nordrand – Borgo Nord lascia qui il posto a un’impeccabile eleganza. E anche se abbiamo nostalgia di quella periferia così ben raccontata nel lungometraggio d’esordio della regista di Vienna, dobbiamo riconoscere come Mademoiselle Paradis mostri un carattere deciso.
Non punta a dare precise risposte in merito, il presente Future Baby. E, allo stesso modo, le spinose questioni morali che potrebbero essere sollevate in seguito alla sua visione, vengono soltanto lontanamente toccate, ma mai realmente approfondite. Una scelta, la presente, più che apprezzabile, dal momento che si capisce fin da subito che la regista Maria Arlamovsky ha voluto mettere in primo piano soprattutto l’intimo dei personaggi di volta in volta presentati, oltre, ovviamente, ai progressi che, al giorno d’oggi, sono stati ottenuti mediante la ricerca.
C’è un mondo speciale che viene raccontato in Washed Ashore. Questo, appunto, è il mondo di pescatori, di guardiani di cimiteri, di monaci buddisti, di senzatetto, di militari soliti riunirsi per le loro esercitazioni lontano dai centri abitati. Un mondo che vede incontrarsi numerose culture per decine di storie diverse. Storie e persone che, tuttavia, hanno qualcosa di grande in comune: il Danubio.
Con un approccio registico il più possibile essenziale – e con evidenti influenze da parte del cinema di Michael Haneke – Markus Schleinzer – insieme a Kathrin Resetarits – ha effettuato in Michael un sapiente lavoro di sottrazione nel mettere in scena le vicende dei due protagonisti. Un lavoro di sottrazione fatto di inquadrature essenziali, camera fissa e dialoghi ridotti all’osso. In concorso al Festival di Cannes 2011.