In Speak Easy ognuno parla al telefono con qualcuno. Eppure si potrebbe addirittura affermare che si tratta di un film sull’incomunicabilità. Ogni adolescente ha un proprio linguaggio spesso incomprensibile per gli adulti e, al contempo, ogni conversazione viene “filtrata” attraverso il telefono.
Uno sguardo cinico e disincantato si concentra principalmente sui numerosi paradossi che prendono vita nel momento in cui le diverse realtà ci vengono mostrate l’una dopo l’altra. Si ride molto, si ride quasi dall’inizio alla fine, durante la visione di War in Vienna. Eppure, a ben guardare, ciò che ci viene mostrato è piuttosto inquietante. Alla Viennale 2022, sezione Österreich real.
Rosa Friedrich è riuscita a rendere Wander un lungometraggio vivo e pulsante, sincero e appassionato, in cui immagini di ragazzi che riposano sul prato, che fanno suonare i fili d’erba come se fossero strumenti musicali, che riescono a convivere serenamente con gli animali diventano la sua più grande peculiarità. Alla Diagonale’22.
Grande assente alla 78° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Ulrich Seidl è un regista da cui ci si aspetta molto. Persino quando si tratta di vedere uno dei suoi primi film. E infatti, anche nel caso di Der Ball – realizzato nel 1982 – il grottesco e il ridicolo che si evincono dalle immagini che ci vengono mostrate divengono immediatamente i protagonisti assoluti.
L’appartamento in cui vivono i due protagonisti è la scenografia perfetta. Un ambiente piccolo, a volte angusto. L’ambiente ideale per ogni tipo di paranoia. Il silenzio nella casa, la notte, le luci soffuse fanno il resto. E il regista in The Washing Machine ha dimostrato soprattutto di saper gestire gli spazi e di saper trasmettere alla perfezione – grazie anche a un ottimo cast – le giuste emozioni. Vincitore dell’Österreichischer Filmpreis 2021 al Miglior Cortometraggio.
Una fotografia dai colori pastello e una caratterizzazione dei personaggi e dei loro gesti quasi naïf stanno immediatamente a conferire al presente Fische un tono leggero, delicato, quasi spensierato, come se ci si trovasse in una sorta di dimensione sospesa nel tempo. E ciò fa da perfetto contrappunto alle prime battute del dialogo tra i due giovani protagonisti. Il tutto per un conflitto che può essere superato soltanto nel momento in cui si ritrova una necessaria leggerezza.
In Zalesie, la regista punta tutto sulla potenza delle immagini. E mentre, in apertura del cortometraggio, l’immagine della giovane protagonista che gioca a trattenere il fiato sott’acqua, distesa sul letto di un fiumiciattolo, ci ricorda immediatamente l’Ophelia shakespeariana dipinta da John Everett Millais, la magnificenza del paesaggio, della sua fitta vegetazione e dei suoi corsi d’acqua ci rimanda al cinema di Andrej Tarkovskij e, nello specifico, al suo L’Infanzia di Ivan.
Ciò che immediatamente colpisce, in Favoriten, è lo straordinario volto della protagonista, perfettamente in grado di cambiare registro di punto in bianco e con poche, brevi ed essenziali scene atte a fornirci un quadro il più possibile esaustivo del suo passato.
Una straordinaria sensazione di calma pervade l’intero The Sea you have to love. E questo particolare andamento contemplativo, si fa specchio di una realtà a rischio che, un domani, proprio a causa dell’inquinamento dei mari, potrebbe rischiare di scomparire per sempre.
Robin’s Hood è riuscito a tracciare un affresco il più possibile esaustivo e appassionato di una realtà sconosciuta ai più. Il tutto per un lavoro pulito e ben calibrato, con diversi momenti di tensione che si alternano a scene ben più “leggere”. Degno ricordo di una realtà che, purtroppo, è svanita fin troppo presto.