Ingeborg Bachmann – Journey into the Desert si sviluppa su due livelli temporali: da un lato assistiamo al primo incontro tra la protagonista e Frisch, alla loro storia d’amore tossica e alla loro separazione, dall’altro, contemporaneamente, vediamo la donna finalmente libera, che cerca di curare le proprie ferite emotive attraverso un lungo viaggio nel deserto. La donna prima della scrittrice. Attraverso la donna, viene fuori la scrittrice. Alla Berlinale 2023.
Nella sua complessa semplicità, MappaMundi riesce a tracciare la storia non solo del nostro pianeta, ma anche dell’umanità, ipotizzando anche un futuro (non) troppo lontano, ma praticamente inevitabile. Potrà mai, però, esserci davvero una fine definitiva? Bady Minck non vuole formulare nessuna precisa teoria in merito.
Realtà e immaginazione. Passato e presente. Guerra e pace. Dolore e serenità. In Fever tutti questi elementi fanno da protagonisti assoluti, spesso si confondono, ci confondono, ma, tutti insieme, puntano il dito direttamente contro ogni guerra, responsabile di aver rovinato la vita di milioni di persone.
Si presenta immediatamente come una buona commistione tra le arti Being and Nothingness. Musica e cinema danno vita, così, a un prodotto del tutto innovativo e unico nel suo genere. E la regista Bady Minck ha a tal fine optato per un approccio minimalista.
Glory to the Queen ci accompagna per mano in un mondo di cui abbiamo sentito spesso parlare, ma che non tutti conosciamo fino in fondo. Un mondo intrigante, estremamente affascinante e tutto al femminile. Non una, ma quattro storie contemporanee che ci trasmettono immediatamente una gradita carica di ottimismo.
Fast Film. “Quasi un film”. Così Virgil Widrich ha voluto chiamare questa sua piccola e preziosa opera. E più che una vera e propria dichiarazione d’amore alla storia del cinema e, più in generale, al mondo della settima arte stessa, questo breve cortometraggio sta a rappresentare una delle tante declinazioni che il cinema può assumere, forte di un ricercato lavoro che vede stop motion e computer grafica coesistere in armonia.
Why not you, opera prima di Evi Romen, si concentra soprattutto sugli oggetti. Siano essi una buffa parrucca simbolo di un’identità da svelare o anche soltanto un fugace selfie su di un cellulare. Sono oggetti apparentemente insignificanti che ricorrono frequentemente durante tutta la durata del lungometraggio assumendo immediatamente una valenza assai simbolica.
Se pensiamo che Anja Salomonowitz ha realizzato It happened just before già dodici anni fa, ci rendiamo tristemente conto di quanto esso sia stato intelligentemente profetico e di quanto sia, ancora oggi, incredibilmente attuale.