Muttertag – opera prima di Harald Sicheritz che, di fianco a una trama spesso eccessivamente frammentaria, vede al suo interno una caratterizzazione complessivamente buona della società altoborghese austriaca – è diventata, nel corso degli anni, un vero e proprio cult all’interno della cinematografia austriaca contemporanea.
Gli Appunti di Anna Azzori – Uno Specchio che viaggia nel Tempo è un lungometraggio che non ha paura di osare, che si lascia sedurre da una riuscita commistione tra le arti e che, di fianco a estratti dal precedente lavoro di Grifi e Sarchielli, vede anche immagini di repertorio, vari livelli uditivi e – perché no? – anche un gradito pizzico di metacinema.
Durante la lavorazione di Running on Empty, per più di tre anni la giovane cineasta Lisa Weber ha seguito da vicino le vicende di Claudia, divenuta madre a soli quindici anni. Il tutto per un progetto che ricorda da vicino il cinema di Richard LInklater, co-prodotto da Ulrich Seidl.
Se The Trouble with being born – per la regia di Sandra Wollner – da un lato, rivela una buona padronanza del mezzo cinematografico, dall’altro, finisce per rivelarsi un film sostanzialmente inconcludente, che non sempre gioca bene le molte carte a sua disposizione.
Sono volti di chi ha visto diversi periodi storici susseguirsi uno dopo l’altro, mani intente a maneggiare vecchi mazzi di carte, piccoli e accoglienti locali di un’osteria e gaudenti cori di vecchi amici che si divertono a intonare – con l’accompagnamento di una fisarmonica – antiche canzoni tradizionali viennesi la vera anima di Notes from the Underworld, ultima fatica dei documentaristi Tizza Covi e Rainer Frimmel.
Per l’estrema cura con cui lo stesso è stato realizzato, Couples, della pittrice austriaca Maria Lassnig, ci appare un lavoro decisamente maturo, dove l’animazione, la pittura, la fotografia e il cinema in live action si incontrano dare vita a un piccolo ma significativo lavoro, fondendosi l’un l’altro in perfetta armonia.
A poco serve l’indubbio carisma di Felicity Jones. A poco servono riusciti siparietti comici messi in scena da Bernhardt, custode dello chalet impersonato dall’austriaco Gregor Bloéb: Chalet Girl di Phil Traill – frutto di una coproduzione tra Gran Bretagna, Germania e Austria – è, purtroppo, una commediola piatta e priva di mordente, che vede al proprio interno risvolti alquanto prevedibili e talvolta anche forzati.
C’è un mondo speciale che viene raccontato in Washed Ashore. Questo, appunto, è il mondo di pescatori, di guardiani di cimiteri, di monaci buddisti, di senzatetto, di militari soliti riunirsi per le loro esercitazioni lontano dai centri abitati. Un mondo che vede incontrarsi numerose culture per decine di storie diverse. Storie e persone che, tuttavia, hanno qualcosa di grande in comune: il Danubio.
Amore a Salisburgo risente eccessivamente di una messa in scena televisiva, con tanto di colori sgargianti, inquadrature eccessivamente sovraesposte, frequentissime panoramiche della suggestiva città di Salisburgo e dialoghi talmente banali e prevedibili, da scoraggiare sin dai primi minuti qualsiasi spettatore inizialmente incuriosito.
Perfettamente in linea con la poetica di Veronika Franz e Severin Fiala, The Sinful Women of Höllfall gioca prevalentemente con sensazioni, timori e suggestioni vissute dai personaggi stessi. A essere messa in scena è, di fatto, la paura stessa del Trud e il profondo senso di colpa che una simile leggenda è riuscita a creare in passato.