Controversa e affascinante, Nora Gregor incarna la perfetta immagine di una diva dei primi del Novecento che con grazia e stile è riuscita a conquistare i cuori di milioni di spettatori, entrando di diritto a far parte dell’Olimpo dei Grandi.
Anche se tutti lo ricordiamo per aver diretto la trilogia dedicata alla vita dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria, Ernst Marischka, ad oggi uno dei nomi più importanti della storia del cinema austriaco, vanta una carriera lunga diversi decenni, dove all’attività di regista si sono alternate anche quelle di sceneggiatore, librettista e produttore cinematografico.
Fu la pittrice e cineasta Maria Lassnig a coniare la teoria della “consapevolezza del corpo”. Nei suoi dipinti – così come nei suoi film – le figure umane rappresentate – molte delle quali autoritratti – ci appaiono sovente incomplete, in pose a volte innaturali, perfetto specchio della società del tempo, costantemente osservata e criticata. Ed è proprio il suo scagliarsi contro il materialismo, oltre a uno spiccato femminismo, a fare da filo conduttore in tutti i suoi lavori.
Bello come il sole, in grado di far perdere la testa a migliaia di donne (tra queste, addirittura, l’attrice Hedy Lamarr), interprete versatile sia a teatro che al cinema, attivo sulla scena fin da giovanissimo, Wolf Albach-Retty è oggi maggiormente ricordato per essere il padre della grande Romy Schneider.
Al giorno d’oggi, a distanza di anni, nessuno si è dimenticato del grande talento di Josef von Sternberg, considerato di diritto uno dei grandi maestri della storia del cinema. Il suo speciale contributo alla settima arte lo ha reso ufficialmente immortale.
Sono all’incirca centoquaranta i film a cui Hans Moser ha preso parte nel corso della sua carriera. E i personaggi che maggiormente riuscirono ad arrivare al pubblico furono quelli di tenere figure paterne, a volte goffe e impacciate, che spesso attraversavano importanti cambiamenti o che, ad ogni modo, servivano a introdurre piccole componenti comiche all’interno di lungometraggi dai toni spesso drammatici. E così, la sua inconfondibile voce borbottante, il suo aspetto rassicurante, così come la sua innata verve comica sono diventati ben presto simboli dei gloriosi Wiener Film.
Se, ancora oggi, quando ci capita di visionare lungometraggi come l’esilarante e raffinato Ninotschka o i sottili e inquietanti Angoscia e Niagara, proviamo le stesse sensazioni che hanno vissuto gli spettatori dell’epoca, è segno del fatto che la scrittura di Walter Reisch – oltre, ovviamente, al talento di chi li ha a suo tempo diretti – è più che mai giovane e attuale.
Per il suo portare in scena personaggi a loro modo estremi, Klaus Maria Brandauer riesce a essere ora respingente, ora incredibilmente carismatico e affascinante. Peculiarità, la presente, dei più versatili fra gli interpreti, che fa dell’attore un vero e proprio fiore all’occhiello del panorama culturale austriaco contemporaneo.
Prima attrice austriaca ad aver vinto – nel 1935 – la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia, dopo un’encomiabile carriera teatrale, l’anno precedente Paula Wessely – nel ruolo della timida e coraggiosa Leopoldine Dur in Mascherata di Willi Forst – aveva finalmente conquistato – sempre a Venezia – anche il pubblico cinematografico. Merito del suo innato talento per la recitazione. Merito, forse, anche di quella particolare pettinatura con la riga a lato che ben presto sarebbe diventata di moda. Ma merito anche – probabilmente – di quella frase – “Perché mai dovrei piacerle?” – che tanto sembrava appropriata alla situazione.
Anche se parte della critica dell’epoca sembrò non rendersi conto subito del suo talento, il tempo fu finalmente generoso con Fred Zinnemann e ben presto il mondo intero si accorse non soltanto del suo indubbio valore, ma anche della sua inconfondibile, marcata autorialità, perfettamente in grado di rapportarsi a qualsiasi genere cinematografico.