In The Theory of Everything sono gli ambienti stessi a svolgere un ruolo centrale. Ambienti in cui ci si perde, in cui le persone scompaiono misteriosamente, in cui vengono rinvenuti cadaveri brutalmente uccisi. Ambienti ulteriormente valorizzati da una fotografia perfetta e visivamente accattivante, che ben sa sfruttare i contrasti tra bianco e nero e luci e ombre, seguendo fedelmente i canoni dell’Espressionismo. In concorso all’80° Mostra del Cinema di Venezia.
In Funny Games U.S., Michael Haneke ci ha mostrato soprattutto come determinate dinamiche, anche a distanza di diversi anni, non siano mai cambiate. La società altoborghese, ma anche la violenza gratuita e, soprattutto, il potere della messa in scena vengono riproposte in modo fedele rispetto a quanto già era stato messo in scena, dieci anni prima, in Funny Games.
Funny Games (Michael Haneke, 1997) non è un semplice attacco al mondo altoborghese. In Funny Games, infatti, il discorso sociale è presente, ma, in qualche modo, viene marginalizzato. Ciò che qui viene effettuato, infatti, è innanzitutto un raffinato esperimento metalinguistico, in cui vediamo innanzitutto un’attenta riflessione sulla messa in scena della violenza e sul potere del cinema di plasmare la realtà a proprio piacimento, al fine di risvegliare nello spettatore le più disparate emozioni.
Serviam – I will serve colpisce immediatamente grazie alle inquadrature (tutte realizzate rigorosamente a camera fissa) del cortile della scuola, ma anche degli interni, così freddi e perfettamente in ordine da trasmettere subito un certo disagio. La voce di una bambina recita una preghiera. Nel collegio la vita sembra trascorrere tranquilla e senza eventi particolarmente degni di nota. La sensazione che, tuttavia, qualcosa di terribile stia per accadere, ci accompagna dall’inizio alla fine. Alla rassegna Sotto le Stelle dell’Austria 2023.
Club Zero è un lungometraggio spietatamente sincero, rigorosissimo nella sua messa in scena, che vede in una tagliente ironia il suo mood ideale. L’immagine della società qui rappresentata ha i colori netti e vividi di un mondo in cui non sono ammesse le mezze misure. Proprio come nel cinema della Hausner, che di questo mondo, ormai da anni, sta analizzando minuziosamente ogni singolo aspetto. In concorso al Festival di Cannes 2023.
Ognuno di noi ha qualcosa da nascondere. Michael Haneke lo sa bene. E sa anche che determinati segreti e colpe del passato possono avere anche nel presente una forte, fortissima risonanza. In Niente da nascondere, dunque, il passato del protagonista torna nel più subdolo dei modi.
The Royal Game è un viaggio senza fine tra il passato e il presente del suo protagonista. The Royal Game è un giro sulle montagne russe, il punto di incontro tra il mondo esterno e l’interiorità. Un’esperienza che, a volte, può fare davvero male.
Hinterland è in tutto e per tutto un film espressionista. Un film in cui scenografie spigolose, strade anguste, palazzi inclinati, ombre minacciose e inquadrature sghembe hanno il compito di farci vivere in prima persona uno dei momenti più drammatici della storia e di trasmetterci una buona dose di inquietudine.
Fast Film. “Quasi un film”. Così Virgil Widrich ha voluto chiamare questa sua piccola e preziosa opera. E più che una vera e propria dichiarazione d’amore alla storia del cinema e, più in generale, al mondo della settima arte stessa, questo breve cortometraggio sta a rappresentare una delle tante declinazioni che il cinema può assumere, forte di un ricercato lavoro che vede stop motion e computer grafica coesistere in armonia.
In Blue Moon, con la forma del road movie assistiamo a una tenera storia d’amore dai risvolti del giallo, dove a incontrarsi sono principalmente due culture e due mondi distinti – Oriente e Occidente – che pian piano scopriranno di avere molti più punti in comune di quanto possa inizialmente sembrare.