Ognuno di noi ha qualcosa da nascondere. Michael Haneke lo sa bene. E sa anche che determinati segreti e colpe del passato possono avere anche nel presente una forte, fortissima risonanza. In Niente da nascondere, dunque, il passato del protagonista torna nel più subdolo dei modi.
Con Die Vermieterin, Sebastian Brauneis ha dato vita anche questa volta a qualcosa di totalmente unico. A un’opera esilarante e commovente allo stesso tempo, in cui non manca anche – e soprattutto – un importante discorso sociale. Alla Diagonale’23.
Atmosfere cupe, paesaggi sterili, rapporti interpersonali pregni di brucianti segreti fanno da protagonisti assoluti in Dunkle Wasser. I fratelli Riahi, dal canto loro, hanno ben saputo gestire una sceneggiatura impeccabile e ricca di sfaccettature, che vede il proprio fiore all’occhiello proprio nelle figure dei due detective. Alla Diagonale’23.
I pesci rossi hanno una vista molto potente e sono in grado di vedere anche ciò che agli uomini spesso sfugge. Chi sarà il misterioso assassino? Das letzte Problem prende sapientemente spunto da quanto realizzato in passato dando vita, al contempo, a un piacevole giallo adrenalinico e dal gradito tocco rétro.
Der Schutzengel si distingue immediatamente per evocative atmosfere noir, luoghi quasi isolati dal resto del mondo e un’intelligente e mai scontata riflessione sulla natura dell’essere umano. L’approccio inconfondibile di Götz Spielmann ha fatto il resto. Alla Diagonale’22.
Hinterland è in tutto e per tutto un film espressionista. Un film in cui scenografie spigolose, strade anguste, palazzi inclinati, ombre minacciose e inquadrature sghembe hanno il compito di farci vivere in prima persona uno dei momenti più drammatici della storia e di trasmetterci una buona dose di inquietudine.
Nessuno è realmente innocente in Life eternal. E così come vengono a galla antiche colpe risalenti al passato, pian piano si scopre anche che chi inizialmente avevamo considerato come un personaggio del tutto negativo, in fondo in fondo ha anche un lato tenero e affettuoso.
Se il presente Aufschneider si distingue immediatamente per una scrittura e un approccio registico prettamente televisivi, tutto scorre in modo complessivamente lineare. Ogni singolo evento, ogni singola storia dei personaggi sono in qualche modo collegati tra loro. Spesso e volentieri, però, anche in modo eccessivamente prevedibile.
La Vienna di Una Mano nell’Ombra è una Vienna buia, oscura, testimone dei più orrendi delitti, che, a suo tempo, Carol Reed era riuscito così bene a rappresentare ne Il terzo Uomo. E il regista Arthur Maria Rabenalt si è rivelato perfettamente all’altezza nel mettere in scena un efferato delitto, attingendo a piene mani ora dal cinema di Reed stesso, ora dall’Espressionismo tedesco, ora anche dalle iconiche figure di investigatori del calibro di Hercules Poirot o del Tenente Colombo.
Attingendo a piene mani dai noir statunitensi, così come dai fortunati polar francesi, Assassinio all’Opera prende spunto da una serie di lungometraggi prodotti in Austria a partire dall’immediato dopoguerra, in cui per la prima volta – proprio come era accaduto in Italia con il Neorealismo – si parlava di povertà e delle numerose ripercussioni – morali e materiali – che il conflitto bellico aveva avuto sull’intera popolazione.