Professione Bigamo è un lungometraggio complessivamente godibile e che indubbiamente diverte, grazie anche alla contrapposizione – spesso volutamente esagerata – tra la cultura italiana e quella tedesca. Eppure, proprio a causa di una sceneggiatura eccessivamente debole, risulta spesso prevedibile e banale.
In Flipper è il rumore freddo, assordante e disturbante delle biglie all’interno del gioco a fare da protagonista assoluto. La donna parla, ma le sue parole non sono udibili. L’uomo e la donna sono vicini, ma improvvisamente impossibilitati a muoversi, dal momento che sembrano legati in una sorta di camicia di forza. Entrambi fanno delle boccacce e tutto, per un momento, prende una piega volutamente grottesca.
Cinema e pittura coesistono in armonia in His Bag. Peter Patzak si palesa davanti alla macchina da presa e diviene attore principale. Tutto ciò che lui vede diviene materiale prezioso e fondamentale. E così questo piccolo e prezioso cortometraggio si presenta immediatamente come una vera e propria dichiarazione d’amore all’arte in tutte le sue forme.
La Stiria è tra gli stati federali più suggestivi e sorprendenti di tutta l’Austria. E, a tal proposito, Romantisches Steyrtal sta proprio a mostrarci le mille potenzialità e il grande fascino della Steyrtal, una delle più vaste e note vallate stiriane, con i suoi piccoli borghi, i corsi d’acqua, le sue cascate e i piccoli ritrovi dei turisti da tutto il mondo.
La Vienna di Una Mano nell’Ombra è una Vienna buia, oscura, testimone dei più orrendi delitti, che, a suo tempo, Carol Reed era riuscito così bene a rappresentare ne Il terzo Uomo. E il regista Arthur Maria Rabenalt si è rivelato perfettamente all’altezza nel mettere in scena un efferato delitto, attingendo a piene mani ora dal cinema di Reed stesso, ora dall’Espressionismo tedesco, ora anche dalle iconiche figure di investigatori del calibro di Hercules Poirot o del Tenente Colombo.
Attingendo a piene mani dai noir statunitensi, così come dai fortunati polar francesi, Assassinio all’Opera prende spunto da una serie di lungometraggi prodotti in Austria a partire dall’immediato dopoguerra, in cui per la prima volta – proprio come era accaduto in Italia con il Neorealismo – si parlava di povertà e delle numerose ripercussioni – morali e materiali – che il conflitto bellico aveva avuto sull’intera popolazione.
In soli quattro minuti, Ausflug zum Wolfgangsee riesce perfettamente a fotografare una piccola realtà della Stiria, rendendole merito come si era soliti fare all’interno dei numerosi film turistici prodotti in Austria ogni anno. Il tutto per una suggestiva fotografia dai colori pastello.
È proprio un angosciante senso di morte e di claustrofobia a pervadere l’intero Radetzkymarsch, diretto da Michael Kehlmann nel 1964, nonché trasposizione dell’omonimo romanzo di Joseph Roth. La monarchia asburgica, dal canto suo, ci appare come una sorta di gabbia dorata. Una gabbia all’interno della quale sono prigionieri proprio Carl Joseph e suo padre Franz, protagonisti della pellicola.
Alibi per un Assassino, per la regia di Alfred Vohrer, è un accattivante giallo, il quale, girato interamente a Vienna, si avvale di una messa in scena ibrida, dal gradito sapore internazionale e dal retrogusto (non troppo) velatamente femminista, sebbene al suo interno presenti anche qualche piccola e (non sempre) comprensibile ingenuità di base.
Die Verwundbaren – film scandalo più unico che raro nella storia del cinema austriaco – è l’unica esperienza da regista del pittore, scenografo e costumista Leo Tichat, da sempre affascinato dalla Nouvelle Vague, al punto da voler realizzare un lungometraggio che si rifacesse in tutto e per tutto ai canoni della rivoluzionaria corrente cinematografica francese.