L’ultimo Atto di Georg Wilhelm Pabst è il racconto della fine di un’epoca che, tuttavia, avrebbe provocato, anche a distanza di molti anni, numerose conseguenze. Sporadici momenti ironici servono ad attenuare la drammaticità degli eventi. Una particolare cura ed eleganza nella messa in scena rendono il tutto straordinariamente carico di pathos.
Quattro in una Jeep si distingue immediatamente non soltanto per un’ottima sceneggiatura, ma anche per un approccio che ricorda sia i noir francesi che il cinema hollywoodiano di quegli anni, per un’elegante e gradita ironia e per una storia d’amore impossibile. Alla Diagonale’22.
A metà strada tra il prodotto pubblicitario vero e proprio e il documentario, Mariazell ci mostra per intero, in soli due minuti, la piccola cittadina tanto amata dagli austriaci, con tanto di focus sugli scorci più caratteristici del posto.
In Reichtum der Wälder Albert Quendler ci mostra ogni singolo processo a partire dall’abbattimento degli alberi, fino al trasporto della legna a bordo di una locomotiva. La sua macchina da presa si sofferma su ogni dettaglio, enfatizzando, al contempo, il valore dei materiali trattati e facendo sì che il documentario si distingua innanzitutto per un gradito lirismo e per una propria, ben marcata personalità.
Vienna è più viva che mai in Symphonie Wien. Albert Quendler, dal canto suo, ha optato per un approccio registico estremamente innovativo, creando un riuscito mix tra cinema, danza, teatro e, ovviamente, documentario, senza avere paura di “giocare” con la settima arte, sfruttando ogni possibilità che la stessa ci offre.
L’Amore di una grande Regina non vuole a tutti i costi riportare fedelmente i primi anni di regno della regina Vittoria. Lo scopo principale di Marischka – e di Sil-Vara prima di lui – è quello di intrattenere il pubblico, di farlo commuovere e di farlo sognare con una storia d’amore di impostazione prettamente classica.
Rispetto a La Famiglia Trapp si ha quasi l’impressione che La Famiglia Trapp in America viaggi quasi con il pilota automatico. Ciò che ha avuto successo nel primo film viene qui riproposto quasi fedelmente. La musica emoziona, ma non quanto dovrebbe e, allo stesso modo, i numerosi flashback che rimandano al lungometraggio del 1956 risultano eccessivamente posticci.
La Famiglia Trapp, pur soffrendo a causa di un remake eccessivamente famoso, spettacolare e quasi “ingombrante”, presenta indubbiamente una personalità ben definita. E pur avendo – come è naturale che sia – molte somiglianze con Tutti insieme appassionatamente (soprattutto per quanto riguarda alcuni dialoghi) si rivela un piccolo gioiello da scoprire.
Sono poetiche immagini di turisti intenti a chiacchierare e a prendere il sole a bordo di un’imbarcazione, enormi distese di verde, abitanti di villaggi impegnati nelle loro attività quotidiane e – non per ultima – una curata fotografia dai colori pastello il vero marchio di fabbrica dell’intero Donauballade, così come della maggior parte dei documentari del genere prodotti in questi anni.
Tra i numerosi documentari turistici realizzati nel corso degli anni, particolare attenzione merita Auf Wiedersehen in Salzburg, realizzato nel 1958 e pensato per attirare nella “città dove vivono i sogni” un numero sempre maggiore di turisti.