
TWO IN A CAR
Two in a Car di Ernst Marischka incarna alla perfezione lo spirito dei melodrammatici ma comunque divertenti Wiener Film del secondo dopoguerra, rivelandosi anche un arguto ritratto della società dell’epoca.
Two in a Car di Ernst Marischka incarna alla perfezione lo spirito dei melodrammatici ma comunque divertenti Wiener Film del secondo dopoguerra, rivelandosi anche un arguto ritratto della società dell’epoca.
Particolarmente curato nelle ambientazioni e sufficientemente attento per quanto riguarda i tormenti d’amore dei due giovani protagonisti, Mozart si distingue per una regia che, tuttavia, avrebbe necessitato di maggior vicinanza ai personaggi stessi, al fine di rendere al meglio i loro drammi interiori derivati dalle difficili scelte da compiere. In concorso al Festival di Cannes 1956.
L’ultimo Ponte è un profondo e toccante dramma che, in un periodo in cui si cercava di elaborare quanto era accaduto nei drammatici anni precedenti, ci mostra la guerra come una realtà del tutto sbagliata. Una realtà che di fronte al valore degli esseri umani, di ogni essere umano, si rivela in tutta la sua debolezza e scelleratezza. In concorso al Festival di Cannes 1954.
L’ultimo Atto di Georg Wilhelm Pabst è il racconto della fine di un’epoca che, tuttavia, avrebbe provocato, anche a distanza di molti anni, numerose conseguenze. Sporadici momenti ironici servono ad attenuare la drammaticità degli eventi. Una particolare cura ed eleganza nella messa in scena rendono il tutto straordinariamente carico di pathos.
Quattro in una Jeep si distingue immediatamente non soltanto per un’ottima sceneggiatura, ma anche per un approccio che ricorda sia i noir francesi che il cinema hollywoodiano di quegli anni, per un’elegante e gradita ironia e per una storia d’amore impossibile. Alla Diagonale’22.
A metà strada tra il prodotto pubblicitario vero e proprio e il documentario, Mariazell ci mostra per intero, in soli due minuti, la piccola cittadina tanto amata dagli austriaci, con tanto di focus sugli scorci più caratteristici del posto.
In Reichtum der Wälder Albert Quendler ci mostra ogni singolo processo a partire dall’abbattimento degli alberi, fino al trasporto della legna a bordo di una locomotiva. La sua macchina da presa si sofferma su ogni dettaglio, enfatizzando, al contempo, il valore dei materiali trattati e facendo sì che il documentario si distingua innanzitutto per un gradito lirismo e per una propria, ben marcata personalità.
Vienna è più viva che mai in Symphonie Wien. Albert Quendler, dal canto suo, ha optato per un approccio registico estremamente innovativo, creando un riuscito mix tra cinema, danza, teatro e, ovviamente, documentario, senza avere paura di “giocare” con la settima arte, sfruttando ogni possibilità che la stessa ci offre.
L’Amore di una grande Regina non vuole a tutti i costi riportare fedelmente i primi anni di regno della regina Vittoria. Lo scopo principale di Marischka – e di Sil-Vara prima di lui – è quello di intrattenere il pubblico, di farlo commuovere e di farlo sognare con una storia d’amore di impostazione prettamente classica.
Rispetto a La Famiglia Trapp si ha quasi l’impressione che La Famiglia Trapp in America viaggi quasi con il pilota automatico. Ciò che ha avuto successo nel primo film viene qui riproposto quasi fedelmente. La musica emoziona, ma non quanto dovrebbe e, allo stesso modo, i numerosi flashback che rimandano al lungometraggio del 1956 risultano eccessivamente posticci.