Narciso e Boccadoro è un film che, malgrado l’indubbia maestria del regista Stefan Ruzowitzky, malgrado il grande impiego di capitali e di un cast di tutto rispetto, malgrado momenti visivamente e simbolicamente potentissimi, risulta nel complesso eccessivamente artefatto, fortemente patinato e pretenzioso.
Night for Day non si limita ad approfondire un rapporto tra madre e figlio. Night for Day è molto di più. E nel corso della sua breve durata ripercorre le tappe fondamentali della storia recente del Portogallo, con importanti appigli anche nel presente. Con tanto di riferimenti al mondo del cinema. Alla Berlinale 2021, sezione Forum Expanded.
A provare a mettere in scena la crisi di una coppia che non può avere figli ha pensato la regista Ulrike Kofler nella sua opera prima La Vita che volevamo (titolo originale: Was wir wollten), tratto dal racconto Der Lauf der Dinge di Peter Stamm, distribuito da Netflix e presentato dall’Austria agli Oscar 2021 come candidato in qualità di Miglior Film Straniero.
Malgrado la drammaticità di ciò che viene raccontato, malgrado gli evidenti segni di sofferenza sui volti e negli occhi dei protagonisti, il presente Mauthausen – Zwei Leben si distingue principalmente per un certo lirismo di fondo.
Intenzionato – almeno per quanto riguarda questo suo esordio – a seguire (almeno in parte) le orme del padre, dedicandosi al genere horror, Daniel Prochaska si è divertito, in questo suo The creepy House, ad attingere a piene mani da cult del passato, al fine di dare vita a una sorta di coming-of-age dai toni leggeri e dai risvolti inquietanti, dedicato soprattutto a un pubblico di giovanissimi.
Da un raffinato lavoro su fotografie d’epoca Liebe war es nie di Maya Sarfaty trae la sua più brillante intuizione, creando, di volta in volta, ulteriori fotomontaggi, i quali, sempre più articolati e attentamente montati in 3D, ci conducono per mano nel mondo di Helena e Franz, per una storia d’amore e di sofferenza dove un consueto approccio documentaristico lascia il posto a una drammatizzazione che ben sa coniugare materiali del passato e tecniche del presente.
Un lavoro, il presente Wired for Music– Inside the Wiener Symphoniker, che trasuda passione, che si identifica fin dai primi minuti con i suoi protagonisti, che segue gli stessi in modo discreto e confidente e che, a tratti, pecca soltanto di qualche dialogo eccessivamente studiato a tavolino che finisce inevitabilmente per perdere di mordente.
In Austria2Australia è un montaggio eccessivamente selettivo – unito a un commento musicale praticamente onnipresente che contribuisce a conferire al tutto un taglio prettamente televisivo – a far perdere all’intero lavoro gran parte della propria verve e del proprio carattere. Malgrado le numerose potenzialità.
Un documentario, il presente Der schönste Platz auf Erden, che, forte di un’estetica che punta principalmente all’essenziale e che di lunghi momenti di contemplazione fa il proprio marchio di fabbrica, punta il dito direttamente contro chi, privo di ogni qualsivoglia autonomia di pensiero, si lascia condurre per mano da chi la sa più lunga di lui, decidendo di tenere ora per una, ora per l’altra fazione, a seconda di ciò che potrebbe convenirgli. Proprio come farebbe un nutrito gruppo di oche starnazzanti di orwelliana memoria.
La persona prima del genio. Sempre e comunque. Ed è proprio questo che David Teboul vuol far emergere dai propri film. E così, nel presente Sigmund Freud – Jude ohne Gott, la voce narrante – unico elemento creato ad hoc, che non fa parte dell’originario materiale d’archivio – fa semplicemente da collante tra un testo e l’altro, pensata anche – e soprattutto – per dare fluidità e completezza all’intera messa in scena composta da materiali d’archivio montati a mo’ di lungometraggio di finzione.