
FRISCH
Con una messa in scena essenziale dai chiari richiami al realismo poetico e dove a prevalere sono i toni ora del blu ora del rosso il regista Tim Oppermann contribuisce a rendere ancora più efficace l’effetto straniante dell’intero Frisch.
Con una messa in scena essenziale dai chiari richiami al realismo poetico e dove a prevalere sono i toni ora del blu ora del rosso il regista Tim Oppermann contribuisce a rendere ancora più efficace l’effetto straniante dell’intero Frisch.
Ciò che Collapsing Mies trasmette, visto nel suo insieme, è quasi un senso di angoscia. O, sarebbe meglio dire, di timore, di estrema riverenza. Le forme create da van der Rohe – e qui, appunto, rielaborate da Claudia Larcher – incutono quasi soggezione e si fanno, nell’insieme, manifesto completo ed esaustivo di un’epoca.
Bloom si presenta immediatamente come un prodotto ibrido. Ciò è dovuto, soprattutto, al fatto che, inizialmente, tale progetto era stato concepito come videoclip musicale, ma che, date le affascinanti storie dei protagonisti qui rappresentati, nel corso della sua realizzazione ha pian piano assunto anche la forma del documentario.
Ciò che immediatamente colpisce, in Favoriten, è lo straordinario volto della protagonista, perfettamente in grado di cambiare registro di punto in bianco e con poche, brevi ed essenziali scene atte a fornirci un quadro il più possibile esaustivo del suo passato.
Dämonische Leinwände non vuole assolutamente prendersi sul serio, non vuole aggiungere nulla a quanto realizzato in passato, ma si presenta – se si può dire – come una vera e propria dichiarazione d’amore dedicata a uno dei generi cinematografici più amati di tutti i tempi. Il tutto anche con una gradita dose di umorismo.
In soli diciannove minuti, Japan di Dmitrij Ritter ci mostra due mondi (non troppo) distinti: il mondo interiore del protagonista, rappresentato attraverso didascalie che si susseguono sullo schermo, e il Giappone, con scene di vita quotidiana, persone che dormono per strada, momenti di assembramento, muri con elaborati graffiti su di essi, negozi di generi alimentari e strade vuote durante le ore notturne. Perché, di fatto, la maggior parte delle riprese si sono svolte soprattutto di notte, quando la città dorme, quando ci si sente ancora più soli e non c’è nessuno disposto ad aiutarci. All’interno del programma Diagonale 2020 – Die Unvollendete.
Tutto, fin dall’inizio, è pervaso da un’inquietante religiosità, in The Lodge. Una religiosità cupa, giudicante, che incute terrore fin dai primi minuti. Grandi quadri raffiguranti immagini sacre e severi crocifissi sembrano osservare di continuo i protagonisti. E una luce tetra, che fa fortemente da contrasto al bianco bruciato dell’immensa distesa di neve che circonda la casa, si fa attrice principale dell’intero lungometraggio.
Movements of a Nearby Mountan (titolo originale: Bewegungen eines nahen Bergs) – per la regia di Sebastian Brameshuber, colpisce immediatamente per il suo approccio sì iperrealistico, ma che, allo stesso tempo, unisce sapientemente passato e presente, realtà e leggende, materiale e spirituale. Il tutto per un prodotto che si distingue immediatamente per il suo delicato lirismo e per un sapiente lavoro di sottrazione.
Ispirato a una storia realmente accaduta negli anni Venti, quella di una giovane ragazza russa – Lillian Alling, appunto – tentò di tornare in Russia a piedi direttamente da New York, Lillian – diretto da Andreas Horvath e prodotto da Ulrich Seidl – è a tutti gli effetti un prodotto magnetico, dolente e doloroso, ma anche avvincente e intrigante, perfettamente in grado di tenere lo spettatore incollato allo schermo dall’inizio alla fine. Al Festival di Cannes 2019, all’interno della Quinzaine des Réalisateurs.
Robolove, di Maria Arlamovsky, si distingue essenzialmente per la sua eleganza stilistica, priva di inutili fronzoli, ma con una macchina da presa in grado di concentrarsi, di volta in volta, su ogni più piccolo ma significativo dettaglio dei robot ogni volta creati, senza paura di prendersi i suoi tempi per mostrarci il tutto e facendo sì che anche noi, a nostra volta, possiamo sentirci parte di quel futuro ancora così lontano, ma, in realtà, molto più vicino di quanto possiamo immaginare. Alla Viennale 2019.