I pesci rossi hanno una vista molto potente e sono in grado di vedere anche ciò che agli uomini spesso sfugge. Chi sarà il misterioso assassino? Das letzte Problem prende sapientemente spunto da quanto realizzato in passato dando vita, al contempo, a un piacevole giallo adrenalinico e dal gradito tocco rétro.
Backstage Vienna State Opera si rivela immediatamente un ritratto onesto, sincero e molto emozionante di una delle realtà più celebri di tutta l’Austria (e non solo). Un documentario trascinante e magnetico che in poco più di un’ora e mezza ci accompagna per mano in un mondo quasi “irreale”.
In her Boots è un tenero e variopinto viaggio nella mente di una signora affetta da demenza senile. Una signora che vive insieme a sua nipote e che, magicamente, riesce a trovarsi ora a scalare le montagne, ora a fluttuare libera nell’aria, ora a danzare nuda in salotto. Le sue scarpe sono ormai vecchie. Eppure non hanno perso i loro poteri magici. La donna non riesce assolutamente a separarsene.
Apfelmus pone numerose e complesse questioni, eppure, al contempo, si distingue per la sua leggerezza, per la sua spensieratezza, per la sua semplicità. Diviso in quattro parti – con altrettante inquadrature – questo piccolo e delicato cortometraggio di Alexander Gratzer si distingue per un’estetica minimalista con disegni bidimensionali dai colori pastello che tanto stanno a ricordarci il cinema d’animazione francese.
In But Beautiful si parte da un discorso più attuale che mai: il rispetto dell’ambiente, la condizione delle donne e l’urgente bisogno di ritrovare sé stessi in un mondo in cui i contatti interpersonali sembrano voler diventare sempre più superficiali, dal momento che tendiamo tutti a diventare sempre più individualisti. Vincitore del Premio del Pubblico agli Österreichischer Filmpreis 2021.
Once were Rebels si presenta immediatamente come un lungometraggio ambivalente. Se, infatti, da un lato, i toni della commedia e del paradosso imperano per quasi tutta la durata del film, ecco che ben presto ne viene fuori un’analisi sui rapporti d’amore e famigliari, nonché sulle condizioni di vita di alcuni rifugiati provenienti dalla Russia, ricercati unicamente per aver tentato di difendere la propria libertà.
Questo brillante Kaviar – opera seconda di Elena Tikhonova – vede ritmi ben scanditi sia da una regia esperta e consapevole – con tanto di brevi inserti d’animazione e una titolazione di tarantiniana memoria – che da un azzeccato commento musicale, frizzante e di carattere, ma mai sopra le righe.
In Sea of Shadows – diretto da Richard Ladkani e prodotto da Leonardo Di Caprio – di fianco a momenti carichi di tensione, immagini di suggestivi fondali marini stanno, di quando in quando, a deliziare gli occhi dello spettatore. E ciò che vediamo sullo schermo è un vero e proprio paradiso naturale, a suo tempo denominato dall’esploratore e regista francese Jacques Cousteau “l’acquario del mondo”.
Suddiviso principalmente in una serie di gag a volte un po’ troppo prevedibili e che scadono pericolosamente nel già visto, Love Machine risente parecchio di una sceneggiatura decisamente debole, i cui risvolti si possono già facilmente immaginare dopo pochi minuti dall’inizio del lungometraggio. Nonostante il carisma del bravo Thomas Stipsits nel ruolo del protagonista.
Ricorda molto i film della Nouvelle Vague, questo piccolo e tenero Lonely together. Allo stesso modo, i dialoghi, apparentemente superficiali, acquistano pian piano una complessa profondità che, unita a una meticolosa indagine introspettiva dei personaggi, vede la messa in scena di un momento drammatico raccontata in modo lieve, garbato, con anche graditi espedienti comici.