In Boomerang troviamo tutte le costanti della filmografia di Kurdwin Ayub. Anche qui notiamo un approccio consapevole ed estremamente maturo in una storia giovane che parla di giovani. Una storia leggera e profonda allo stesso tempo. Una storia estremamente personale che attraverso lo sguardo innovativo della regista assume immediatamente connotazioni universali. Alla Diagonale’22.
La macchina da presa è costantemente statica. I personaggi sono spesso in controluce e l’appartamento stesso non ci è dato da vedere per intero. Possiamo solo farcene una vaga idea ogni volta che cambia l’inquadratura. I racconti e i dialoghi tra i protagonisti e il regista fanno da protagonisti assoluti. In A Millionaire’s Melancholy non v’è bisogno d’altro.
Frau Maria and the Liquidation of Stastny Fabrics fa dei pochi personaggi che compaiono sullo schermo, dei loro racconti, degli ambienti che lentamente vengono svuotati e delle centinaia di rotoli di tessuti colorati i suoi marchi di fabbrica. E la tenera signora Maria fa da portavoce e da preziosa testimone di ciò che è stato.
The Woman who turned into a Castle è un variopinto e spiazzante viaggio nella mente della sua protagonista: una donna non più giovane che improvvisamente si sente come una ragazzina. Il mondo intorno a lei inizia ad assumere le forme più disparate. E al fine di mettere in scena questo bizzarro mondo, Kathrin Steinbacher si è ispirata ai grandi artisti del passato.
Ritmi serratissimi, un montaggio impeccabile, un’apparente routine quotidiana che apre il lungometraggio stanno immediatamente a darci l’idea di un film d’azione al cardiopalma, data anche – e soprattutto – la particolare ambientazione scelta dal regista. E, di fatto, di azione in Cops ce n’è quanta ne vogliamo. Eppure, il presente lungometraggio non è solo questo.
Brücken über Brücken è un documentario vivo e pulsante, preziosa testimonianza e vibrante affresco di una città – quella di Vienna – quale centro nevralgico della Mitteleuropa dei giorni nostri, nonché – anche per la sua particolare collocazione geografica – da sempre crocevia di numerose storie e di numerose culture.
In Zalesie, la regista punta tutto sulla potenza delle immagini. E mentre, in apertura del cortometraggio, l’immagine della giovane protagonista che gioca a trattenere il fiato sott’acqua, distesa sul letto di un fiumiciattolo, ci ricorda immediatamente l’Ophelia shakespeariana dipinta da John Everett Millais, la magnificenza del paesaggio, della sua fitta vegetazione e dei suoi corsi d’acqua ci rimanda al cinema di Andrej Tarkovskij e, nello specifico, al suo L’Infanzia di Ivan.
Sono vecchie fotografie, insieme a scene girate direttamente durante concerti dedicati al maestro Walter Arlen a costellare il presente Walter Arlen’s first Century. E un andamento il più possibile tranquillo e meditativo pervade l’intero lavoro di Stephanus Domanig.
Bruder Jakob, schläfst du noch? si distingue immediatamente per una sobria composizione delle immagini, dove sono colori netti, ora accesi – come all’interno della vallata dove si trovano i quattro ragazzi – ora più cupi – come accade di notte, fuori da una baita di montagna – a fare quasi da protagonisti assoluti.
In Children below Deck vediamo un profondo senso di colpa che si tramanda di generazione in generazione e che nemmeno gli anni che passano potranno mai attutire. Ma, forse, soltanto guardando in faccia il passato stesso – magari anche attraverso vecchie fotografie che, pian piano, prendono forma sullo schermo assumendo, dapprima, i tratti di un disegno a matita – si può tentare, in qualche modo, di sanare la cosa. O forse no?