Diviso in quattro capitoli – Ombre, Corno, Sangue e Fuoco – Hagazussa – La Strega presenta al proprio interno un vero e proprio crescendo, per una serie di suggestioni visive, a cui il costante bordone musicale – a opera del gruppo MMMD – fa da indubbio valore aggiunto.
Non è un caso che un lungometraggio come The best of all Worlds abbia riscosso un grande successo di pubblico. Merito di un sapiente lavoro di regia, ma merito soprattutto anche di due protagonisti che funzionano alla perfezione, ora totalmente disorientati nella fredda periferia di Salisburgo, ora semplicemente felici di essere l’uno in compagnia dell’altro. Il tutto per un nostalgico sguardo al mondo dell’infanzia, quando si era ancora troppo giovani per comprendere le brutture del mondo dei “grandi”.
Ciò che in Bojo Beach immediatamente colpisce è la straordinaria calma con cui i pescatori svolgono i loro compiti. I loro gesti, scanditi dai canti degli stessi, stanno a ricordare – soprattutto nel momento in cui sono intenti a tirare le reti sulla spiaggia – quasi una coreografia. E il rumore dell’acqua, dal canto suo, sta ancora di più a trasmetterci un senso di straordinaria calma, di un costante ripetersi degli eventi.
Non è un caso che Raphael Reichl, in questo suo TTT Touch me, abbia optato per l’uso della pellicola, piuttosto che del digitale. Questa sua scelta vuole essere quasi un modo di ribellarsi alla tecnologia imperante, la quale riguarda non solo la vita della gente, ma anche il cinema stesso. Ed ecco che l’eterna disputa tra analogico e digitale viene messa qui in primo piano.
Perfettamente in linea con la poetica di Veronika Franz e Severin Fiala, The Sinful Women of Höllfall gioca prevalentemente con sensazioni, timori e suggestioni vissute dai personaggi stessi. A essere messa in scena è, di fatto, la paura stessa del Trud e il profondo senso di colpa che una simile leggenda è riuscita a creare in passato.
Michael Glawogger, nel realizzare Untitled – Viaggio senza Fine, suo lavoro postumo, è partito, insieme al suo storico gruppo di collaboratori, per un viaggio in tutto il mondo – e, apparentemente, senza meta definitiva alcuna – al fine di registrare la realtà così com’è, senza filtro alcuno, documentando la distruzione e la rinascita, il degrado di determinate situazioni in tutto il mondo e, al contempo, la grande forza insita negli esseri umani di risollevarsi, di risorgere dalle ceneri, di trovare un nuovo scopo di vita, una nuova linfa vitale.
Ciò a cui assistiamo in Happy end è un vero e proprio crescendo di emozioni in pieno stile hanekiano. Non vi sono né buoni, né cattivi, ognuno è vittima e carnefice allo stesso tempo. Compresi i più giovani.
Wild Mouse, scritto, diretto ed interpretato da Josef Hader, sta a mettere in scena una (non troppo) velata critica alla società e al mondo del lavoro.