Fotografia e cinema del reale nella sua accezione più pura diventano, dunque, le colonne portanti del presente Der Fotograf von der Kamera. E ancora una volta, l’inconfondibile approccio registico di Tizza Covi e Rainer Frimmel, fatto di momenti di osservazione e discreto pedinamento, è riuscito a farci sentire parte di un mondo che fino a poco tempo prima conoscevamo solo sommariamente.
Quello a cui assistiamo in Superegos è un vero e proprio crescendo. Di emozioni e di situazioni estreme. E il lungometraggio – che si basa soprattutto sulle ottime performance di André Wilms e di Georg Friedrich – non perde di credibilità, ma, al contrario, forte di uno script che non ha particolari pretese se non quelle di ridere su ciò che ha reso “celebri” nazioni come l’Austria e la Germania, riesce a mantenere un buon ritmo per tutta la sua durata. Persino quando il finale sembra un po’ troppo frettoloso.
Nel brillante China Reverse, ciò che la macchina da presa di Judith Benedikt si limita a fare è osservare la realtà così com’è, lasciando che siano le persone stesse a scegliere quali aspetti delle loro vite raccontare, facendo in modo che la mano della regista risulti il più possibile invisibile, per una messa in scena complessivamente classica e già più volte collaudata.
In Macondo sono molteplici le tematiche tirate in ballo. Se, da un lato, vediamo il problema dell’integrazione della famiglia di Ramasan all’interno della società austriaca, ecco che il focus lentamente si sposta sul dramma personale del giovane protagonista, sul bisogno di appartenenza a qualcosa di stabile e rassicurante – come può essere, in questo caso, la famiglia – e sul desiderio di scoprire la verità circa un passato di cui si sa ancora troppo poco.
In Kick out your Boss, Elisabeth Scharang, dal canto suo, non mira a dare precisi giudizi in merito. Non mira a esporre determinate teorie riguardanti le condizioni dei lavoratori di tutto il mondo. Al contrario, lascia ampia libertà al pubblico di trarre le proprie conclusioni e di fare le proprie considerazioni.
Facendo un copioso uso di filmati di repertorio, Lauda – The Untold Story, per la regia dell’austriaco Hannes Michael Schalle, scandaglia minuziosamente i fatti, con tanto di testimonianze e polemiche nate in seguito al noto incidente che nell’agosto del 1976 ha visto coinvolto il celebre pilota Niki Lauda. E così, in questo grande carosello del mondo della Formula 1, non manca proprio nessuno.
È un percorso evolutivo assai interessante, quello della regista Jessica Hausner, al giorno d’oggi tra le cineaste austriache maggiormente in vista. Dopo un inizio di carriera in cui era il mondo dell’adolescenza e della scoperta di sé al centro della sua attenzione, in seguito a una breve incursione nell’ambito del cinema di genere, il suo discorso si è progressivamente spostato sul sociale e su tutte le “stranezze” che caratterizzano la società in cui viviamo. Questo è il caso di Lourdes, così come di Amour Fou, primo lavoro in costume della cineasta di Vienna.
Il controverso Goodnight Mommy ha saputo dar vita a qualcosa di nuovo coniugando estetica e narrazione e rifacendosi ai canoni dell’espressionismo