Se, durante la visione di Omsch, da un lato veniamo affascinati da una storia tenera e genuina come quella messa in scena, dall’altro non possiamo fare a meno di notare come, man mano che ci si avvicina al finale, l’intero lavoro risulti alquanto autoreferenziale.
Nel presente The first Sea sembra davvero esserci poco spazio per gli adulti. Tutto viene raccontato a dimensione di bambino e, nell’insieme, assume pian piano i toni del cinema di François Truffaut o, meglio ancora, di Abbas Kiarostami.
In Elektro Moskva I due cineasti, perfettamente in linea con ciò che hanno deciso di mettere in scena, hanno optato per un approccio registico fuori dagli schemi, dove a fare da protagonisti assoluti sono – come ben si può immaginare – suoni e colori, passato e presente che si alternano con ritmi frenetici, senza lasciare il tempo allo spettatore di riprendere fiato tra una scena e l’altra.
Sono corpi che danzano leggeri e finalmente liberi, così come primi piani di volti sofferenti o di giovani adolescenti intente a seguire una lezione di nuoto a caratterizzare per gran parte della sua durata il presente Talea. E la macchina da presa di Katharina Mückstein sa perfettamente come caratterizzarli al meglio, rendendoli, sullo schermo, incredibilmente vivi e pulsanti.
Soldier Jane, opera prima del giovane Daniel Hoesl, è lo specchio dei giorni nostri. Lo specchio di un mondo in cui i soldi giocano un ruolo fondamentale. Lo specchio di un mondo in cui il ritorno al passato talvolta può apparire come l’unica soluzione per vivere felici. Lo specchio di un mondo in cui, tuttavia, l’idea di una vita lussuosa e ricca di stimoli continua comunque a esercitare una certa attrattiva.
Il tema del mutamento climatico è, da ormai diversi anni, diventato una questione piuttosto urgente. E il cinema, dal canto suo, cosa fa? Grande testimone dei nostri tempi, anche la settima arte ha spesso e volentieri detto la sua in merito. Un esempio è rappresentato dal lungometraggio Ghiacciaio di Sangue – realizzato da Marvin Kren nel 2013 – rilettura/omaggio al ben più noto La Cosa di John Carpenter nel 1982. Un’operazione, la presente, tuttavia molto rischiosa.
Cosa accadrebbe se, di fatto, i dipinti del celebre pittore statunitense Edward Hopper prendessero vita? A ciò ha pensato il cineasta austriaco Gustav Deutsch con il suo Shirley: Visions of Reality, presentato, all’interno della sezione Forum, alla Berlinale 2013, nonché vincitore di numerosi premi internazionali.