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FLORIAN HENCKEL VON DONNERSMARCK – PASSAPORTO TEDESCO E AUSTRIACO

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L’intera filmografia di Florian Henckel von Donnersmarck, regista, produttore e montatore tedesco con cittadinanza austriaca può essere considerata come una specie di inno al saper fare cinema e alla funzione pedagogica dello stesso.

Il regista in tre movimenti

Quattro cortometraggi, tre film e una dozzina di premi: il palmares di Florian Henckel von Donnersmarck, regista, produttore e montatore tedesco con cittadinanza austriaca è una specie di inno al saper fare cinema e alla funzione pedagogica dello stesso, di qualsiasi genere si tratti.

I tre lungometraggi, scritti e diretti dal regista di Colonia, sono tutti diversi tra loro – a tratti divergenti – pur essendo accomunati da alcuni elementi di fondo, quali, per esempio, un forte richiamo all’arte e alla letteratura, da sempre sue grandi passioni. Ed è così che Le Vite degli Altri, The Tourist e Opera senza Autore ricadono in quella serie di strane filmografie – fatte di generi diversi tra loro – dove l’unico comun denominatore sembra sia solamente il nome (in questo caso i nomi) del regista. In realtà, come vedremo, si può intravedere un fil-rouge che collega il tutto.

Cosmopolitismo

Florian Henckel von Donnersmarck è nato a Colonia, nella Germania all’epoca Occidentale, ed è cresciuto a New York, a Berlino, a Francoforte e a Bruxelles. Sommando gli spostamenti agli studi effettuati a Oxford, San Pietroburgo (allora Leningrado) e Monaco di Baviera, il risultato è presto detto: cinque lingue parlate fluentemente ed un interesse smisurato per culture e tradizioni. Per esempio, durante la scrittura di Le Vite degli Altri, Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 2007, Henckel von Donnersmarck ha potuto beneficiare della particolare atmosfera dell’abbazia di Heiligenkreuz, famoso monastero della Wienerwald, dove lo zio era abate all’epoca.

Per abbozzare un film che parla dei controlli e dello spionaggio della Stasi nella DDR degli anni ‘80, la conditio sine qua non, almeno secondo Florian, è stata proprio quella del silentium monastico. Questa, insieme ai consigli dell’organista, ha saputo conferire al risultato finale una certa solennità, in completa antitesi con il tema, ma forse, proprio per questo, decisiva per il successo di pubblico e critica. Nota a margine, il protagonista Dreyman (impersonato da Sebastian Koch), oggetto di spionaggio e controlli è un apprezzato drammaturgo e intellettuale: un tema ricorrente, come dicevamo.

Dostoevskij

Avido lettore e appassionato di letteratura, Florian Henckel von Donnersmarck ha raccontato di esser stato folgorato “sulla via per Damasco” quando da bimbo, al MoMa, vide il film muto in bianco e nero Varieté (Ewald André Dupont, 1925), ambientato in un circo. Il suo interesse per il cinema sembra essere sbocciato proprio durante la visione di questo film e gli studi effettuati a Monaco, in questo senso, sembrano essere stati la chiusura ideale del cerchio rappresentante la sua formazione, considerando che il suo corto di diploma, Dobermann, ha battuto il record di premi vinti da uno studente dell’università bavarese.

Prima di tutto ciò, Henckel von Donnersmarck spese due anni a Leningrado studiando russo. Questo suo amore per la letteratura russa, e in particolare per Dostoevskij, è ben rintracciabile nel suo secondo film The Tourist, un ibrido tra giallo e commedia, e forse proprio per questo mal ricevuto dalla critica. La trama, una tutto sommato divertente caccia all’uomo tra Parigi e Venezia, è arricchita da un paio di elementi dostoevskijani presi direttamente da I Demoni. Dai criminali russi chiamati come i protagonisti del romanzo, al ruolo della polizia e del governo, corrotti fino al midollo, l’ossessione – da lui stesso così definita – di Henckel von Donnersmarck per lo scrittore russo viene qui, appunto, omaggiata in questo modo, memore anche degli anni spesi nella città dostoevskijana per eccellenza.

Los Angeles

Sposato con Christine Asschenfeldt, ex direttrice di Creative Commons, e padre di tre figli, Florian Henckel von Donnersmarck da anni risiede nella città degli angeli che, più di ogni altra al mondo, è sinonimo di cinema. Diventato membro della Academy of Motion Picture Art and Science nel 2007, il regista ha ricevuto la seconda nomination all’Oscar con il suo terzo e – per ora – ultimo film, Opera senza Autore. Le tre epoche della storia tedesca recente raccontate attraverso la vita movimentata di un artista sono liberamente ispirate alla vita e alle opere di Gerhard Richter, apprezzato pittore moderno.

In una gigantesca metafora che considera l’artista come autore, ma anche come persona, Florian si piazza dietro alla macchina da presa e compone con armonia e precisione un inno all’arte, alla musica e, in generale, alla vita, morte compresa, in quanto parte fondamentale della vita stessa. Critiche contrastanti a parte (che sono ormai all’ordine del giorno), il potere della paideia di Florian Henckel von Donnersmarck sembra aver raggiunto nel suo terzo film la maturità, come se volesse trasmettere l’importanza che la cultura ha avuto nella sua vita, comunicando e insegnando a sua volta. E riuscendoci in maniera distinta, per altro.

Info: la scheda di Florian Henckel von Donnersmarck su iMDb