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di Ulrich Seidl
voto: 8
Paradise: Faith ci mostra non soltanto il fanatismo religioso in una delle sue più estreme declinazioni. No. In Paradise: Faith, infatti, Ulrich Seidl ci mostra la religione vissuta in modo maniacale, che quasi sembra dimenticare il valore dell’essere umano stesso. Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia 2012.
Amour fou
Che cos’è il Paradiso? In che modo ognuno di noi cerca di crearsi il proprio paradiso personale? E, soprattutto, quanto è difficile fare ciò rispettando innanzitutto sé stessi e le persone che vivono con noi? Il regista Ulrich Seidl ha dedicato a tale importante concetto un’intera trilogia, iniziata nel 2012 con Paradise: Love, per poi proseguire lo stesso anno con Paradise: Faith – presentato in concorso alla 69° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato insignito del Gran Premio della Giuria – e terminata nel 2013 con Paradise: Hope.
Se, dunque, in Paradise: Love avevamo visto una straordinaria Margarethe Tiesel alla disperata ricerca dell’amore in un villaggio turistico molto, molto lontano da casa, in Paradise: Faith ritroviamo Anna Maria (impersonata da Maria Hofstätter), sorella della protagonista del precedente film, la quale, finalmente in ferie, decide di trascorrere i giorni liberi andando in giro per le case e portando con sé una statua della Madonna, al fine di rendere la propria città (e, idealmente, l’Austria intera) un paese fortemente improntato al cattolicesimo. Le cose, tuttavia, si complicheranno nel momento in cui suo marito Nabil (Nabil Saleh) – musulmano egiziano che, in seguito a un incidente, è costretto a vivere su una sedia a rotelle – torna a casa dopo diversi anni e non capisce come mai sua moglie sia diventata così ossessionata dalla religione.
Paradise: Faith, dunque, ci mostra non soltanto il fanatismo religioso in una delle sue più estreme declinazioni. No. In Paradise: Faith, infatti, Ulrich Seidl ci mostra innanzitutto la religione vissuta in modo quasi maniacale (particolarmente d’impatto la scena in cui vediamo la protagonista simulare un rapporto sessuale con un crocefisso), che quasi sembra dimenticare il valore dell’essere umano stesso. A tal proposito, il rapporto tra Anna Maria e Nabil non è più ciò che dovrebbe essere un rapporto tra marito e moglie. Al contrario, la donna sembra decisamente infastidita dalla presenza dell’uomo in casa, quale elemento di disturbo nell’intimità che ella ha costruito con Gesù.
Ulrich Seidl, dal canto suo, ci mostra tutto ciò attraverso inquadrature perfettamente simmetriche e statiche (fatta eccezione per la scena a casa di una ragazza russa, in cui, nel mostrarci la lotta tra lei e Anna Maria viene fatto un copioso uso di camera a spalla), attraverso ambienti squallidi in cui inquietanti crocefissi appesi al muro fanno da protagonisti, attraverso momenti di violenza fisica e psicologica, come quando Anna Maria si frusta davanti al crocefisso in camera sua, come quando Nabil tenta invano di avere un rapporto sessuale con sua moglie o come quando la donna, per vendicarsi, sposta in cantina la sedia a rotelle di suo marito, costringendolo a strisciare per la casa urlando e chiedendo aiuto.
In Paradise: Faith, dunque, ancora una volta Ulrich Seidl non ha avuto paura di osare. E, come di consueto nelle sue opere, ha anche effettuato una profonda e mai banale analisi sulla società austriaca (e contemporanea), ancora troppo conservatrice, spesso vergognosamente ipocrita. Scene spietate e dolorose, ma anche momenti grotteschi ed esilaranti, dunque, stanno a comporre un’opera estremamente raffinata e studiata fin nel minimo dettaglio. Paradise: Faith ha decisamente colpito nel segno. E anche la Mostra del Cinema di Venezia ha saputo riconoscere il suo valore.
Titolo originale: Paradies: Glaube
Regia: Ulrich Seidl
Paese/anno: Austria, Germania, Francia / 2012
Durata: 115’
Genere: drammatico, satirico
Cast: Maria Hofstätter, Nabil Saleh, René Rupnik, Natalya Baranova, Martina Spitzer, Heinrich Herki, Daniel Hoesl, Barbara Lehner, Elfriede Wunsch, Roswitha Ziener, Trude Masur, Dieter Masur, Michaela Hurdes-Galli
Sceneggiatura: Ulrich Seidl, Veronika Franz
Fotografia: Edward Lachman, Wolfgang Thaler
Produzione: Ulrich Seidl Filmproduktion, Tatfilm, Coproduction Office