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In occasione del Locarno Film Festival 2023 i registi Julia Gutweniger e Florian Kofler presenteranno in anteprima il loro documentario Vista Mare. Cinema Austriaco ha avuto l’occasione di fare quattro chiacchiere con loro e di farsi raccontare qualcosa in più circa questo loro lavoro e circa la loro carriera. Intervista a cura di Marina Pavido.
Marina Pavido: Come è nata l’idea di realizzare Vista Mare?
Julia Gutweniger, Florian Kofler: Nel 2019 abbiamo girato tutta l’Italia continentale per realizzare una videoinstallazione e su molte spiagge abbiamo ripreso i bagnini al lavoro. Come boe solitarie, siedono sulle loro torri e hanno il compito guardare gli altri in vacanza. Durante questo viaggio, il nostro occhio per il lavoro spesso invisibile all’interno dell’industria del turismo si è affinato sempre di più e si è acceso il nostro interesse a documentare più a fondo questo trambusto estivo, dove il mondo del lavoro e quello del non lavoro si incontrano.
M. P.: Qual è la vostra storia personale in relazione ai luoghi rappresentati?
J. G.: Florian ha trascorso qui le sue vacanze d’infanzia, insieme siamo stati lì ben 10 anni fa per una ricerca fuori stagione e da allora questi luoghi ci sono rimasti impressi: popolati da milioni di turisti in estate, si trasformano in luoghi quasi deserti in bassa stagione, ricordano quasi scenari post-apocalittici. Ci interessa anche l’artificialità di tutto questo sistema e del paesaggio creato appositamente.
M. P.: Nelle scene girate in estate, i turisti sembrano quasi “parte della scenografia”. È una scelta molto interessante. Avete deciso questo approccio prima di iniziare le riprese?
J. G. – F. K.: Volevamo mostrare i turisti come una massa astratta e indefinibile fin dall’inizio – se ci si concentra sui lavoratori, questi sono davvero parte del paesaggio. I turisti vanno e vengono, ma i lavoratori restano. Questo ci è sembrato ancora più evidente soprattutto in fase di montaggio e i turisti sono passati sempre più in secondo piano.
M. P.: In Vista Mare le immagini parlano da sé. Come mai avete rinunciato a didascalie e interviste?
J. G. – F. K.: È sempre stata una decisione formale nel nostro lavoro. Le didascalie presuppongono registi “esperti”, cosa che noi non pensiamo di essere. Siamo più interessati all’osservazione e alla riflessione. A noi stessi piacciono i film che ci prendono sul serio come pubblico, che si fidano di noi, e quindi per noi è una decisione importante per il film: cavarcela con meno “informazioni”, porre domande piuttosto che rispondere, e quindi poter vedere qualcosa di diverso.
M. P.: Dato l’argomento, il vostro documentario è un’opera estremamente necessaria. Quanto pensate sia forte oggi il potere del cinema di far riflettere la gente?
J. G. – F. K.: Siamo convinti che il cinema possa avere un potere enorme. Forse non è sempre facile trovare il tempo da dedicargli nel ritmo frenetico della vita di tutti i giorni, ma proprio per questo – di fronte a una marea sempre più fitta di informazioni – il cinema è uno spazio importante e indispensabile per riflettere, per prendere le distanze e riuscire a guardare le cose obiettivamente.
M. P.: Ci sono momenti, storie o persone risalenti al periodo delle riprese che vi hanno particolarmente colpito?
J. G. – F. K.: Molti dei nostri protagonisti ci hanno lasciato un segno indelebile. Sia per l’incredibile lavoro che svolgono nel corso di una stagione, sia per la loro passione o la loro arguzia. E spesso ci è capitato di conoscere le persone che avevamo filmato in estate ancora più profondamente e spesso in modo completamente nuovo in fase di montaggio.
M. P.: Quali sono state le principali difficoltà nella produzione del documentario?
J. G. – F. K.: È stato il primo film che abbiamo realizzato con una figlia piccola al seguito. Molte cose erano quindi nuove per noi. Abbiamo dovuto lavorare in modo diverso dal solito, per di più con un soggetto che aveva già come requisito di base il lavoro stagionale, quindi anche gli orari di lavoro estremi. Soprattutto le riprese durante l’alta stagione in luglio e agosto sono state molto intense, 7 settimane di fila, ritmi frenetici. Per fortuna avevamo con noi la nostra bambina, che ogni tanto ci faceva notare le cose essenziali della vita.
M. P.: Tizza Covi e Rainer Frimmel vi hanno affiancato come consulenti drammaturgici. Com’è stato lavorare con loro?
J. G. – F. K.: Lavorare con Tizza e Rainer è stata una delle cose migliori del progetto. Abbiamo imparato molto e loro sono un’ottima squadra. Conoscono anche le difficoltà e le realtà lavorative della realizzazione di un film in coppia e sono stati quindi estremamente importanti per noi non solo dal punto di vista drammaturgico, ma anche come supporto morale.
M. P.: Potete raccontarci qualche episodio divertente accaduto durante le riprese?
J. G. – F. K.: Come già detto, le riprese sono state molto intense e, di conseguenza, a un certo punto abbiamo mostrato lievi segni di stanchezza. Una volta ci siamo resi conto che avevamo con noi solo il copriobiettivo della telecamera, ma non la telecamera (per noi molto costosa). L’avevamo semplicemente lasciata al porto durante le riprese e avevamo continuato a girare con una seconda telecamera più piccola. Eravamo già all’altro capo della città quando finalmente ce ne siamo accorti. Il viaggio di ritorno è stato piuttosto snervante, ma per fortuna la telecamera era ancora lì. Sapevamo però che avevamo un disperato bisogno di dormire qualche ora.
M. P.: Ci sono film, registi o correnti particolari che sono stati particolarmente importanti per voi durante la vostra formazione?
J. G. – F. K.: Ci sono molti film e registi che sono stati e sono tuttora molto importanti per noi. Tra questi, i film di Anka e Wilhelm Sasnal, ma anche le opere di Frederick Wiseman, Peter Mettler, Angela Schanelec, Claire Denis e Sergei Loznitsa.
M. P.: Lavorate insieme da diversi anni. Come è nata la vostra collaborazione?
J. G. – F. K.: Lavoriamo insieme artisticamente da quando ci siamo conosciuti, in passato più nel teatro e poi sempre più nel cinema. Julia si occupa delle riprese, Florian del suono, della regia e del montaggio, mentre tutto il resto lo facciamo insieme.
M. P.: Un’ultima domanda: attualmente state lavorando a nuovi progetti?
J. G. – F. K.: Dato che fino a poche settimane fa stavamo ancora lavorando a Vista Mare, il termine “lavorarci” sarebbe un po’ esagerato, ma stiamo già pensando a nuovi progetti. Con il nostro ultimo film SICHERHEIT123 eravamo sicuri di voler passare dalle montagne al mare, e questa volta potremmo passare dalla vastità del mare agli stretti corridoi della burocrazia.