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di Ulrich Seidl
voto: 7
Con poche, semplici inquadrature e con un’unica frase che si ripete in continuazione Ulrich Seidl è riuscito a trasmettere appieno l’essenza di tutta la sua filmografia. In Hakuna Matata – che fa parte del progetto collettivo Venezia 70 Future Reloaded, realizzato in occasione del 70° anniversario della Mostra del Cinema di Venezia – non v’è bisogno d’altro.
In un mondo felice…
Nei giorni scorsi si è parlato molto dello scandalo che ha visto coinvolto il regista Ulrich Seidl e il suo film Sparta, presentato in anteprima mondiale al San Sebastian Film Festival 2022. Purtroppo si dovrà aspettare ancora qualche tempo prima di poter visionare questo suo ultimo lavoro. Nel frattempo, ripensando alla nutrita filmografia del controverso cineasta di Vienna, ricordiamo un’opera che in pochi conoscono. Un piccolo cortometraggio facente parte di un progetto collettivo – Venezia 70 Future Reloaded – realizzato in occasione del 70° anniversario della Mostra del Cinema di Venezia. Stiamo parlando di Hakuna Matata, in cui, in una durata di appena un minuto e mezzo (tali erano le direttive che ogni regista coinvolto nel progetto doveva seguire), possiamo riconoscere chiaramente alcune costanti della sua filmografia.
Nel prendere parte, infatti, a questo progetto, ognuno dei cineasti poteva liberamente scegliere l’argomento da trattare. Ulrich Seidl – che soltanto un anno prima aveva presentato in concorso al Lido il suo Paradise: Faith, insignito del Gran Premio della Giuria – era impegnato nella realizzazione del terzo capitolo della trilogia Paradise, ossia Paradise: Hope, ambientato in Kenya. Eppure, date le location scelte per la realizzazione di Hakuna Matata e data anche la frase ricorrente nel successivo film, notiamo come il cortometraggio sia realizzato addirittura l’anno precedente, in occasione della realizzazione del primo film della serie, Paradise: Love.
Hakuna Matata, dunque, consiste in sei semplici inquadrature, tutte perfettamente simmetriche e tutte realizzate rigorosamente a camera fissa. Alcuni uomini di colore – probabilmente inservienti all’interno di un hotel di lusso – si trovano in piedi davanti alla macchina da presa. Dopo pochi secondi ripetono tutti insieme, in modo quasi meccanico e privo di enfasi la frase “Hakuna Matata” (“tutto bene, nessun problema”). Nelle scene successive la cosa si ripete. Ognuno dei protagonisti – sempre nella stessa posizione – ripete la medesima frase. Ma andrà realmente tutto bene? Ovviamente no. E infatti, anche in questo suo cortometraggio, ciò che Ulrich Seidl ha voluto mostrarci è innanzitutto il forte contrasto tra mete turistiche di lusso e le condizioni di chi in queste raffinate location ha il compito di far sì che i turisti possano avere la migliore esperienza possibile. Proprio come sta a dimostrare l’ultima inquadratura, in cui vediamo due uomini, questa volta in silenzio, intenti a pulire il pavimento.
Ulrich Seidl si scaglia qui contro quella società ipocrita e perbenista che fa in modo che il dislivello di classe si faccia sempre più evidente. Proprio come è stato per il suo documentario Safari, realizzato nel 2016 e anch’esso presentato in anteprima – fuori concorso – alla Mostra del Cinema di Venezia, o anche per Good News (1990), giusto per fare qualche esempio. Con poche, semplici inquadrature e con un’unica frase che si ripete in continuazione il regista è riuscito a trasmettere appieno l’essenza di tutta la sua filmografia. In Hakuna Matata non v’è bisogno d’altro. E persino la musica – a cui normalmente associamo la celebre frase che presta il titolo al film – è stata del tutto eliminata. La realtà ci viene mostrata così com’è e a volte può fare molto, molto male. Ma spesso sono proprio i forti contrasti e i paradossi a comunicare più di quanto le parole non riescano a fare.
Titolo originale: Hakuna Matata
Regia: Ulrich Seidl
Paese/anno: Austria / 2013
Durata: 1’
Genere: documentario
Sceneggiatura: Ulrich Seidl
Fotografia: Wolfgang Thaler, Ed Lachman
Produzione: Ulrich Seidl Filmproduktion