This post is also available in:
Deutsch (Tedesco)
English (Inglese)
di Franz Antel
voto: 6
Professione Bigamo è un lungometraggio complessivamente godibile e che indubbiamente diverte, grazie anche alla contrapposizione – spesso volutamente esagerata – tra la cultura italiana e quella tedesca. Eppure, proprio a causa di una sceneggiatura eccessivamente debole, risulta spesso prevedibile e banale.
Tra Roma e Monaco
Per qualcuno il matrimonio sta a rappresentare indubbiamente qualcosa di fortemente stressante. Eppure, se già avere a che fare con una moglie (o un marito) è spesso piuttosto complicato, la situazione viene ulteriormente portata all’estremo nel caso in cui qualcuno di mogli dovesse averne addirittura due. Ne sa qualcosa, a tal proposito, il ferroviere Vittorio Coppa (impersonato dal grande Lando Buzzanca), protagonista del lungometraggio Professione Bigamo, diretto nel 1969 da Franz Antel (qui accreditato come François Legrand), nonché frutto di una coproduzione tra Italia, Austria, Germania e Ungheria.
Vittorio, dunque, viaggia per lavoro ogni tre giorni tra Roma e Monaco di Baviera. A Roma è ufficialmente sposato con Teresa (impersonata da Raffaella Carrà), mentre a Monaco con Ingrid (Teri Tordai). Ovviamente nessuna delle due è a conoscenza dell’altra e l’uomo riesce a condurre una vita serena e a rendere felice ognuna di loro. Le cose, tuttavia, si complicano nel momento in cui, dopo aver rivelato il suo segreto a un dottore, Vittorio inizierà ad agitarsi e a commettere tanti piccoli errori, rischiando spesso di essere scoperto sia dalle sue due mogli che da suo cognato.
Vittorio, dunque, va sempre di corsa. Non è facile, per lui far sì che tutto funzioni. Allo stesso modo, un montaggio frenetico e una regia dinamica ben rispecchiano la sua particolare situazione. Possiamo notarlo fin dai primi minuti, quando vediamo il protagonista correre da un appartamento all’altro, prendendo, nel frattempo, spesso il treno.
Professione Bigamo, dunque, mette in scena una situazione paradossale dando vita a un personaggio che, secondo i cliché, dovrebbe rispecchiare appieno i canoni del latin lover italiano, estremamente legato alla propria famiglia, ma che, purtroppo, non sa rinunciare alle donne. Lando Buzzanca, dal canto suo, ci ha come sempre regalato un’ottima performance, reggendo sulle sue spalle quasi l’intero lungometraggio. Un lungometraggio complessivamente godibile e che indubbiamente diverte, grazie anche alla contrapposizione – spesso volutamente esagerata – tra la cultura italiana e quella tedesca. Eppure, proprio a causa di una sceneggiatura eccessivamente debole, anche il nostro protagonista ne risulta, in qualche modo, “penalizzato”.
La storia qui messa in scena, infatti, parte indubbiamente da un’idea interessante. Eppure, nonostante ciò, tutto si svolge secondo uno script fondamentalmente semplice e banale, in cui anche le sottotrame sono pressoché inesistenti e contribuiscono a rendere il presente Professione Bigamo un lungometraggio pericolosamente prevedibile, che in confronto ad altri classici della commedia italiana e austriaca realizzati in quegli stessi anni, mostra una personalità decisamente debole. Non è un caso, dunque, che, dopo diversi anni dalla sua realizzazione, Professione Bigamo non venga ricordato da molti. Spesso non basta un’idea interessante a far sì che un intero lungometraggio funzioni. E spesso, purtroppo, nemmeno attori del calibro di Lando Buzzanca o del grande Fritz Muliar (qui nel ruolo del doganiere Johann) riescono a salvare la situazione. Peccato.
Titolo originale: Warum hab ich bloß 2 x ja gesagt?
Regia: Franz Antel
Paese/anno: Italia, Austria, Germania, Ungheria / 1969
Durata: 99’
Genere: commedia
Cast: Lando Buzzanca, Raffaella Carrà, Teri Tordai, Peter Weck, Ann Smyrner, Jacques Herlin, Edith Hancke, Andrea Rau, Fritz Muliar, Rainer Basedow, Judith Dornys, Franco Giacobini, Barbara Zimmermann, Heinz Erhardt
Sceneggiatura: Günter Ebert, Mario Guerra, Kurt Nachmann, Vittorio Vighi
Fotografia: Hanns Matula
Produzione: Fida Cinematografica, Terra-Filmkunst