La Riesenrad, la ruota panoramica è diventata a tutti gli effetti uno dei simboli della città di Vienna. Sin dalle origini del cinema austriaco (da collocarsi intorno al 1908) essa è stata, insieme al Duomo di Santo Stefano, anche una delle attrici principali all’interno delle maggiori produzioni dell’epoca, siano esse semplici documentari, così come lungometraggi o cortometraggi a soggetto.
Facendo un copioso uso di filmati di repertorio, Lauda – The Untold Story, per la regia dell’austriaco Hannes Michael Schalle, scandaglia minuziosamente i fatti, con tanto di testimonianze e polemiche nate in seguito al noto incidente che nell’agosto del 1976 ha visto coinvolto il celebre pilota Niki Lauda. E così, in questo grande carosello del mondo della Formula 1, non manca proprio nessuno.
Il Niki Lauda messo in scena da Ron Howard in Rush – è un Niki Lauda talmente forte e determinato nel perseguire le sue passioni da soprassedere su ogni qualsivoglia difficoltà: dal quelle prettamente fisiche (straordinario il suo recupero, malgrado le gravi ustioni riportate in seguito all’incidente, dopo soli trentatré giorni di degenza in ospedale), fino a quelle a carattere personale.
Rispecchiando appieno i canoni del prodotto televisivo a buon mercato in cui sin troppo spesso ci si imbatte nell’ambito delle produzioni tedesche, North Face – Una Storia vera – frutto di una coproduzione tra Germania, Austria e Svizzera e diretto dal tedesco Philipp Stölzl, mal sa sfruttare le ghiotte occasioni che gli si presentano (prima fra tutte, la stessa scalata intrapresa dai quattro protagonisti), rendendo il tutto eccessivamente piatto e privo di ritmo.
In pochi sapranno che uno dei periodi di maggior fioritura della cinematografia austriaca sono proprio gli anni Venti. In questo periodo, infatti, in Italia e in Austria venivano prodotti principalmente film a carattere biblico o epico. Questo è il caso (volendo restare all’interno dei confini austriaci) del presente Samson and Delilah – diretto nel 1922 dall’ungherese Alexander Korda – così come del celeberrimo Sodom and Gomorrah, firmato Michael Curtiz.
È un percorso evolutivo assai interessante, quello della regista Jessica Hausner, al giorno d’oggi tra le cineaste austriache maggiormente in vista. Dopo un inizio di carriera in cui era il mondo dell’adolescenza e della scoperta di sé al centro della sua attenzione, in seguito a una breve incursione nell’ambito del cinema di genere, il suo discorso si è progressivamente spostato sul sociale e su tutte le “stranezze” che caratterizzano la società in cui viviamo. Questo è il caso di Lourdes, così come di Amour Fou, primo lavoro in costume della cineasta di Vienna.
Lo stesso amore provato da Georg von Trapp nei confronti della sua splendida terra viene ben reso dalla sapiente regia di Robert Wise, grazie a suggestive panoramiche e riusciti totali sulle montagne austriache, oltre a uno sguardo sulle pregevoli zone lacustri, oltre alla messa in scena di importanti tradizioni folkloristiche austriache, come le simmetriche coreografie del celebre ballo del Ländler o lo stesso Festival di Salisburgo, in cui ancora oggi – e dal 1887 – sono soliti esibirsi musicisti e cantanti da tutto il mondo.
Chi era, di fatto, Karl Juhasz? Nome, al giorno d’oggi, dimenticato dai più, egli è stato, a suo tempo, l’inventore del cosiddetto cinema 3D degli anni Dieci (pur non trattandosi, sia ben chiaro, del 3D come siamo soliti concepirlo oggi), in un periodo in cui, in Austria, più che produrre direttamente pellicole cinematografiche, si tendeva a importare ciò che era stato precedentemente realizzato all’estero.
Su Helmut Berger, nel corso degli anni, è stato detto davvero tanto. Non si possono non ricordare, a tal proposito, le parole del regista Billy Wilder (suo connazionale):”È curioso che il più grande attore italiano sia un austriaco”, o di Paul Morrissey:”A parte Helmut Berger, non ci sono più belle donne”. Ma chi è, di fatto, Helmut Berger?
Michael Glawogger, nel realizzare Untitled – Viaggio senza Fine, suo lavoro postumo, è partito, insieme al suo storico gruppo di collaboratori, per un viaggio in tutto il mondo – e, apparentemente, senza meta definitiva alcuna – al fine di registrare la realtà così com’è, senza filtro alcuno, documentando la distruzione e la rinascita, il degrado di determinate situazioni in tutto il mondo e, al contempo, la grande forza insita negli esseri umani di risollevarsi, di risorgere dalle ceneri, di trovare un nuovo scopo di vita, una nuova linfa vitale.