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di Gregor Schmidinger
voto: 5.5
La scoperta della propria omosessualità e, parallelamente, la progressiva conoscenza del proprio corpo, sono le grandi protagoniste di Nevrland, in cui Gregor Schmidinger ha optato per una messa in scena del tutto anticonvenzionale e a tratti fortemente sperimentale.
Piccoli uomini crescono
Particolarmente caro ai cineasti austriaci contemporanei è il genere del coming-of-age. Una tendenza, la presente, che ha visto il proprio culmine nel 1999 con Nordrand di Barbara Albert e che, negli anni a venire, si è rivelata comunque molto forte. Uno dei registi che ultimamente si è cimentato con tale complicato genere, ad esempio, è il giovane Gregor Schmidiger, classe 1985, con il suo Nevrland (presentato all’interno della selezione ufficiale alla Diagonale 2019) al suo primo lungometraggio di finzione dopo i documentari Homophobia (2019) e The Boy next Door (2008).
Ispirato ad avvenimenti strettamente personali, Nevrland mette in scena il tema della consapevolezza di sé, della scoperta dell’omosessualità e, non per ultimo, della crescita, attraverso la storia del diciassettenne Jakob (Simon Frühwirth), il quale, abbandonato da sua madre in tenera età, vive in un piccolo appartamento insieme a suo padre (Josef Hader) e a suo nonno anziano e malato. Al fine di aiutare la sua famiglia, il ragazzo inizia a lavorare in un macello, ma ben presto verrà colpito da inspiegabili attacchi di panico. Nessuno sembra capire la causa del suo disagio, tranne il ventiseienne Kristjan, conosciuto in una chat per omosessuali.
La scoperta della propria omosessualità e, parallelamente, la progressiva conoscenza del proprio corpo, sono, dunque, grandi protagoniste di Nevrland, in cui Gregor Schmidinger ha optato per una messa in scena del tutto anticonvenzionale e, a tratti, fortemente sperimentale.
Se, infatti, inizialmente, il lungometraggio sembra partire in modo del tutto classico, ben presto vediamo l’onirico (fino a un certo punto relegato in un ruolo marginale) prendere gradualmente il sopravvento per poi soppiantare quasi del tutto il reale. Luci, ombre, scene girate soprattutto in notturna – con tanto di psichedelici giochi di luce – dunque, diventano marchio di fabbrica dell’intero lavoro, all’interno del quale, a un certo punto, neppure noi sappiamo più cosa sia reale e cosa, invece, faccia parte dell’immaginario di Jakob.
E la cosa in sé, indubbiamente, è anche parecchio interessante. Il problema principale del presente Nevrland, tuttavia, è proprio questa eccessiva libertà che il regista si è voluto prendere, con tutto l’onirico messo in scena e con immagini che, di fatto, sembrano quasi scollegate tra di loro all’interno dello stesso lavoro. Da un certo punto in avanti, infatti, improvvisamente smettiamo di interessarci alle vicende del giovane Jakob, il tutto perde pericolosamente di mordente e, nonostante immagini e scene visivamente accattivanti, le presenti scelte registiche ci appaiono quasi del tutto gratuite, come un mero esercizio di stile. A scapito persino di potenziali interessanti risvolti riguardanti l’immaginario del protagonista stesso.
Peccato. Soprattutto perché, data l’indubbia maestria (malgrado la giovane età) nel mettere in scena e raffigurare il corpo umano e tutti i suoi (apparentemente) insignificanti dettagli, Gregor Schmidinger ha dimostrato di avere a suo modo talento. Tali, spiacevoli sviste, tuttavia, è molto semplice che accadano. Soprattutto quando si vuol tirare in ballo l’onirico, lo sperimentale e – perché no? – persino, a suo modo, il linguaggio da videoclip, nel raccontare una storia tanto apparentemente semplice, quanto, in realtà, molto più complessa di quanto si possa immaginare.
Titolo originale: Nevrland
Regia: Gregor Schmidinger
Paese/anno: Austria / 2019
Durata: 90’
Genere: drammatico, coming-of-age
Cast: Simon Frühwirth, Paul Forman, Josef Hader, Wolfgang Hübsch, Markus Schleinzer, Anton Noori
Sceneggiatura: Gregor Schmidinger
Fotografia: Jo Molitoris
Produzione: Orbrock Filmproduktion