Still Life non è assolutamente un film “semplice”. Al contrario, ogni minima sfaccettatura delle personalità dei protagonisti viene ben resa dalla macchina da presa di Sebastian Meise in modo mai retorico o prevedibile. I primi piani sui loro volti, le confessioni, le chiacchierate in macchina o sulla banchina di una stazione, ma anche i gesti estremi conferiscono umanità a ognuno di loro.
Soldier Jane, opera prima del giovane Daniel Hoesl, è lo specchio dei giorni nostri. Lo specchio di un mondo in cui i soldi giocano un ruolo fondamentale. Lo specchio di un mondo in cui il ritorno al passato talvolta può apparire come l’unica soluzione per vivere felici. Lo specchio di un mondo in cui, tuttavia, l’idea di una vita lussuosa e ricca di stimoli continua comunque a esercitare una certa attrattiva.
Con un approccio registico il più possibile essenziale – e con evidenti influenze da parte del cinema di Michael Haneke – Markus Schleinzer – insieme a Kathrin Resetarits – ha effettuato in Michael un sapiente lavoro di sottrazione nel mettere in scena le vicende dei due protagonisti. Un lavoro di sottrazione fatto di inquadrature essenziali, camera fissa e dialoghi ridotti all’osso. In concorso al Festival di Cannes 2011.
In Angelo, attraverso le vicende di un singolo, il regista ha voluto mettere in scena lo spinoso – e tristemente attuale – tema della diversità, approfittando dell’occasione per dare vita anche a una tanto lucida quanto impietosa analisi sociale e – più in generale – della stessa umanità, a prescindere dal secolo in cui ci si trova.